10 marzo 2010.
Come vi sarete certamente accorti non ho mai scritto del mio lavoro al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). Innanzitutto, qualche parola su cos’è e cosa fa il Comitato: è l’organo parlamentare di controllo dell’attività dei Servizi segreti, costituito dalla Legge 124 del 2007 che li ha profondamente riformati. È composto da cinque senatori e cinque deputati: cinque appartenenti alla maggioranza e cinque all’opposizione. La Legge gli ha conferito – a differenza dell’organo che lo ha preceduto (Copaco) – funzioni e poteri di controllo assai rilevanti. La materia trattata, va da sé, richiede che il parlamentare di quel Comitato, sia tenuto alla riservatezza e spesso al segreto. Ed ecco, quindi, spiegato il mio silenzio, finora. C’è oggi, però, un tema – oggetto di una discussione assai importante avvenuta nel Comitato, nelle settimane scorse e conclusasi ieri – sul quale sento la necessità di compiere uno strappo alla regola del silenzio. Il tema è: l’opposizione del segreto di stato ad opera di funzionari dei Servizi (sta nella loro facoltà), al momento di rispondere alle domande di Magistrati nel corso di procedimenti giudiziari che li riguardano e la successiva conferma di quello stesso segreto - senza la quale decade - da parte del Presidente del Consiglio. Questa è la norma! A seguito di un pronunciamento della Corte costituzionale, il nostro Comitato è stato investito della responsabilità di verificare la sostanziale congruità di quella conferma, rispetto alle sole due casistiche per le quali la Corte stessa definisce legittimo (e io dico logico) il segreto di stato: il rapporto dei nostri Servizi, nel concreto del loro operare, con i Servizi dei Paesi alleati; la cosiddetta interna corporis, vale a dire tutto ciò che attiene al sistema organizzativo e agli appartenenti ai Servizi stessi. Eccoci, quindi, all’attualità della discussione al Copasir. Essa è stata provocata dalla conferma del segreto di stato, ad opera del Presidente Berlusconi, in due procedimenti giudiziari, in corso a Milano (vicenda Telecom, dossier su dipendenti, giornalisti, personalità varie, nella quale è coinvolto il funzionario del Sismi Marco Mancini) e a Perugia (vicenda dei dossier su magistrati italiani e stranieri raccolti da Pio Pompa, nell’ormai famosissimo ufficio di via Nazionale diretto da Nicolò Pollari). I due relatori – il sen. Esposito del Pdl ed il sottoscritto – nella riunione del Comitato di ieri hanno ricapitolato le rispettive ed opposte valutazioni e la conclusione è stata l’inevitabile registrazione della spaccatura maggioranza/opposizione. Questa situazione rende, perciò, impossibile il coinvolgimento del Parlamento, come sarebbe stato possibile – secondo la Legge 124 - nel caso la maggioranza del Comitato avesse ritenuto infondata la conferma del segreto. Stante la spaccatura a metà – così prevede la stessa Legge – Il Governo …. fa quel che vuole! Mi scuso con voi per la lunghezza di questo post - penso però che fosse opportuno spiegare un po’ di che si tratta – ma arrivo subito alla conclusione. E la conclusione attiene, ovviamente, al merito dei due procedimenti per i quali ho proposto l’inesistenza di una o di entrambi delle fattispecie per le quali, come ho già detto, la Corte costituzionale ritiene legittima l’opposizione e la conferma del segreto. E poichè stiamo trattando di un’attività - la raccolta di dossier - esclusa da quelle istituzionali dei Servizi segreti, l’opposizione del segreto può mettere la Magistratura nelle condizioni di non poter stabilire se si sia in presenza di comportamenti illeciti individuali, compiuti per interessi privati, oppure se commessi per ordine di qualcuno, ovviamente superiore in grado agli inquisiti. Capite bene che la conclusione sarebbe profondamente diversa: nel primo caso, sancita la colpevolezza, si tratterebbe di delinquenti puri, nel secondo di strutture deviate dei Servizi. Credo che l’opinione pubblica – dopo i tanti fatti dell’Italia, di tanti anni torpidi, o coperti da veli assai spessi e purtroppo rimasti irrisolti – abbia bisogno di certezze. E che vi sia anche un bisogno degli stessi Servizi rinnovati, di scacciare da sé ogni sospetto o diffidenza dei cittadini, per poter svolgere il loro delicatissimo lavoro in piena sintonia col Paese. Detto questo e sottolineato l’errore grave che commette il Governo, vi è anche un altro problema di natura generale sollevato da questa vicenda. Non v’è dubbio che l’istituto del segreto di stato è molto importante per gli interessi della Nazione. Ma proprio per questo va usato con grande oculatezza ed esclusivamente – direi chirurgicamente – solo nelle fattispecie previste dalla Corte. Se, viceversa - come penso sia avvenuto nei due casi in questione – i governi (l’attuale, o i prossimi) lo utilizzassero indiscriminatamente ogni qual volta un funzionario venga inquisito, si realizzerebbe l’insostenibile situazione di generare una vera e propria immunità per tutti gli agenti, in virtù della loro sola appartenenza ai Servizi e non, invece, esclusivamente nelle circostanze previste dalla Legge.